Artese: il presepe tra significato e senso.
Non è la prima volta che il Maestro Franco Artese realizza unopera del tutto originale nel panorama della presepistica nazionale ed internazionale. Infatti, sorprendente fu quella realizzata nel 1981 a Roma in via Veneto e strabiliante quella portata a New York nel 1983 per conto del governo italiano. Del resto, è per la peculiarità della sua creatività che nel 1999 gli viene richiesta unopera dallUNESCO per il Museo Nazionale della Natività di Betlemme, opera mastodontica come le due precedenti.
Loriginalità in tale ambito artistico, da San Francesco ad oggi, è il desiderio di rendere nuovo il vecchio o, meglio, di rendere presente in modi nuovi il mistero antico. E quel desiderio, che in molte case entra a Natale, di fare il presepe in maniera nuova, usando la vecchia scena con strumenti nuovi, anche con luso della tecnologia. E il desiderio che ad esempio Eduardo De Filippo ritrae nella sua Natale in casa Cupiello e anche il filo espediente per tenere assieme vari fatti di vita. Ebbene, Artese nel 1976 in poi ha coltivato questo desiderio assumendo sempre di più non la prospettiva del lavoro dallalto ma quella di un lavoro dal basso: stare nel presepe e farlo crescere, venir su con le sue case , i suoi palazzi e contemplare da vicino quella grotta che ne è il centro.
Questopera però può essere vista come un approfondimento e un evoluzione dellarte di Artese. Non è infatti solo creare la scena per la Natività, ma, portare uno spaccato della vita reale a contorno del mistero. Allora Artese mette a fuoco la sua terra, che in ogni sua opera ha visto simile alla terra di Gesù, ma lobiettivo stavolta inquadra la civiltà della sua terra, la vita che fino a quaranta anni fa ne animava le strade, i campi, le piazze, le chiese
La civiltà contadina calca la scena di questo presepe di quaranta metri quadri e si propone come la culla della kenosi divina, dellentrata di Dio nella storia. Questa civiltà sembra la più idonea allartista lucano per raccogliere levento, con la sua ricca povertà, quella dote, tipica dei contadini lucani, dellospitalità, del dare tutto anche avendo poco, dellaprire le case a chi bussa alla porta, senza sospetto, perché sotto il Cielo ogni uomo è uguale, più o meno fortunato, ma con dentro la certezza che la vita è sempre affidamento ad una volontà non solo umana.
Per questo la coppia di Betlemme trova casa, dimora tra queste persone.
I personaggi sono proprio i padri e i nonni della presente generazione. I volti scavati e arsi dal sole, timidi ma forti della dignità della fatica, le strade curate anche nei minimi particolari dicono la vita gioiosa, festante, quella gioia che probabilmente aumenta con lessere liberi, liberi da eccessivi beni, liberi soprattutto dalla logica dello spreco.
LEssenziale è in quella Grotta e gli sguardi ne sono colpiti e con generosità e stupore con Lui dialogano.
Chi visita questo Presepe ha limpressione di essere dentro, o forse ne sente il desiderio, per toccare con mano ed esserne parte, essere parte di questo dialogo, eterno dialogo di amore.
Rocco Gentile
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